Integralmente riportati i contributi di UNIAMO e delle Associazioni Federate
Nel report della Consultazione pubblica “Verso una piena inclusione delle persone con disabilità” sono stati riportati integralmente i contributi proposti da UNIAMO e dalle Associazioni federate in merito alle 7 aree tematiche oggetto della Consultazione, ovvero: accessibilità, mobilità all’interno dell’Unione Europea, vita indipendente, percorsi formativi inclusivi, inclusione lavorativa e di qualità, cultura, sport e turismo accessibile e best practices.
I contributi sono stati oggetto di analisi e riflessione della Conferenza nazionale sulle politiche per le disabilità e offrono un articolato quadro di priorità ed interventi, tesi a migliorare l’inclusione delle persone con disabilità, in linea con i principi della Convenzione ONU.
VITA INDIPENDENTE
Legge 112/2016, c.d. “Dopo di noi”.
La Federazione con il Consiglio Nazionale del Notariato e Anffas. ha prodotto un documento (http://www.uniamo.org/wp-content/uploads/2017/12/Vademecum_Social-Rare.pdf) : che sottolinea alcune criticità della Legge:
- Sotto il profilo fiscale, per quel che concerne le imposte dirette, dal 1° gennaio 2007, il trust entra di diritto nell’elenco dei soggetti passivi IRES [legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Finanziaria 2007)]. Ne consegue un regime fiscale che potrebbe diventare complesso e spesso fiscalmente sfavorevole alla persona con disabilità grave. Va precisato meglio il regime fiscale di applicazione.
- Il vincolo di destinazione ex art. 2645-ter c.c. era già previsto nel nostro ordinamento essendo stato introdotto con la legge 51/2006, con riferimento alle persone con disabilità, ma in verità non ha avuto grande applicazione. Innanzitutto è privo di disciplina sostanziale, è stato inserito nelle norme sulla trascrizione (Titolo 1^ della trascrizione nel Libro VI del codice civile), ha un oggetto limitato (la norma parla esclusivamente di beni immobili e mobili registrati), secondo l’orientamento prevalente non può essere costituito per testamento. Tutte criticità queste, che permangono anche a seguito della legge sul “Dopo di noi”, che ha peraltro previsto, sempre ai fini dell’ottenimento delle agevolazioni fiscali, l’obbligatorietà delle figure del gestore e del controllore. Vanno semplificate le procedure e prevista una disciplina puntuale e riepilogativa.
- Sotto il profilo fiscale la legge prevede l’esenzione dalle imposte di successione e donazione, ma va osservato come questa agevolazione finisca per favorire i grandi patrimoni in quanto, per le persone con disabilità grave, esiste già una norma che prevede una franchigia di 1.500.000 di euro indipendentemente dal grado di parentela e affinità. Si propone di innalzare la franchigia e di aggiungere condizioni di maggior tutela per i piccoli patrimoni.
PERCORSI FORMATIVI INCLUSIVI
Libri di testo dedicati ai programmi semplificati
La scuola può essere realmente inclusiva se non ghettizza e non esclude dai percorsi formativi. Ragazzi con disabilità tenuti fuori dall’aula per la maggior parte dell’orario scolastico; programmi differenziati passati come “necessari” senza neanche provare a raggiungere gli obiettivi minimi; forme di supporto anche pomeridiano all’apprendimento, per supportare le famiglie nel percorso e non costringerle a fare gli insegnanti di sostegno domiciliari dei propri figli sono assolutamente necessarie. Modalità di studio anche collettivo, con supporti di semplificazione dello studio omogenei per tutte le scuole e classi. Ad oggi ogni insegnante deve provvedere alla schematizzazione dei testi di studio per i ragazzi con disabilità: pur essendo consapevoli della necessaria personalizzazione sulle effettive capacità, avere libri di testo dedicati sarebbe necessario.
INCLUSIONE LAVORATIVA DI QUALITA’
Proposta 1 Si chiede di poter far accedere al lavoro nelle Pubbliche Amministrazioni le persone con disabilità cognitiva con le stesse modalità previste per le persone con disabilità psichica (articolo 9, comma 4 della Legge 68/99, nonché la Sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, 22 luglio 2013, n. 17785) dando piena attuazione all’articolo 11 della Legge 68/99 – grazie alle quali la fase dell’inserimento lavorativo è il momento finale di un percorso consensuale improntato a collaborazione, durante il quale è possibile svolgere percorsi di formazione e di accompagnamento nel mondo del lavoro, uniti ad opportune forme di mediazione. Stipulare quindi convenzioni e non far passare da concorso, che per le sue precipue caratteristiche (pensiamo per esempio all’obbligo di conoscenza di una lingua straniera e di attrezzature) è quasi sempre fuori dalla portata delle persone con disabilità cognitiva.
Proposta 2 in appoggio ad Andel
A oltre venti anni dall’approvazione della legge 68/99, le stesse istituzioni responsabili dell’attuazione di quella importante legge riconoscono che essa ha rappresentato una grande occasione perduta. A questa crisi – denunciata dallo stesso Ministro Orlando (audizione XI Commissione Camera del 22 aprile) – occorrerebbe rispondere con un suo rilancio. Il più grande limite del collocamento mirato oggi è la frammentazione regionale e locale che ha avuto l’effetto di accrescere la sperequazione territoriale nell’accesso al lavoro delle persone disabili (cioè nell’accesso a un diritto fondamentale). Occorre quindi recuperare uno spazio importante alla funzione di direzione e coordinamento del Ministero competente e dell’ANPAL. La proposta è quella di riservare al collocamento mirato una quota (basterebbe l’8%) delle ingenti risorse assegnate oggi al Programma GOL e subordinare l’erogazione dei fondi ai destinatari (incluse le regioni) all’attuazione di alcune linee di indirizzo: la prima linea di indirizzo dovrebbe essere l’adozione delle migliori pratiche, fra le quali il sistema dotale, le adozioni lavorative, le convenzioni di cui all’articolo 14 del d. lgs. 276 del 2003, etc. Ovviamente, il Ministero dovrebbe previamente elencare e codificare le buone pratiche (come peraltro già disposto dall’art. 1, comma 1, lettera f) del dlgs 151/2015, e mai attuato). La seconda linea di indirizzo è quella di attivare programmi di riqualificazione del personale che opera negli uffici del collocamento mirato. La terza è quella di definire programmi specifici per l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità complesse (disabili psichici, intellettivi, persone affette da malattie rare). Infine, la quarta linea di indirizzo dovrebbe consistere nella sussidiarietà con il Terzo settore. E’ infatti evidente che ormai il sistema amministrativo che dovrebbe reggere l’inclusione lavorativa delle persone disabili non ha la forza e la competenza necessari a tale compito.
Proposta di BUONA PRASSI:
Nella Società della Salute di Firenze qualche anno fa è stato sperimentato un progetto di tutoraggio che prevedeva il supporto, durante l’ultimo anno di scuola superiore, di una figura che seguiva la persona e ne individuava le caratteristiche principali. La stessa figura accompagnava quindi questa persona negli inserimenti lavorativi, facilitando i rapporti con i colleghi e individuando le procedure da semplificare per poter essere alla portata della persona con disabilità. Con questo sistema sono stati drasticamente implementati il numero di inserimenti lavorativi che hanno avuto successo.
Molte persone con disabilità, anche cognitiva, hanno la necessità di un primo percorso di accompagnamento al lavoro, per poi poter procedere in autonomia. Questo percorso dovrebbe essere accompagnato da un team multidisciplinare che possa valutare i punti di forza, le aree con necessità di maggior supporto, ma anche le modalità di approccio ai colleghi, che devono essere coinvolti nel processo di inserimento lavorativo per poter considerare la persona una risorsa e non un peso o peggio un ostacolo allo svolgimento delle normali attività lavorative.
CULTURA, SPORT e TURISMO ACCESSIBILE
Sport: va rivista la norma che non consente alle persone con disabilità cognitiva di gareggiare come atleti ma di poter far parte solo di team specifici. I certificati agonistici non sono rilasciati come per tutte le persone ma differenziati. Se un ragazzo, pur con disabilità cognitiva, ha le caratteristiche e le possibilità di confrontarsi con i c.d. normodotati, perché escludere a priori che possa farlo?
Si chiede quindi di poter stabilire che una persona con disabilità, anche cognitiva, possa gareggiare, specialmente nei primi anni di vita (fino all’adolescenza) con altri ragazzi. Questa sarebbe vera integrazione.