UNIAMO Federazione Italiana Malattie Rare si unisce al coro di voci sollevato nei giorni scorsi da Anffas, Fish e altre organizzazioni del Terzo Settore per esprimere grande preoccupazione rispetto all’emendamento 13.0.400 al ddl 1241 recante “Misure di garanzia per l’erogazione delle prestazioni sanitarie e altre disposizioni in materia sanitaria”. L’emendamento in questione ha l’obiettivo di delimitare il finanziamento da parte del SSN unicamente alle prestazioni che riguardano l’ambito strettamente sanitario, escludendo le attività socio-assistenziali i cui costi ricadrebbero, dunque, sugli enti locali e su cittadini e famiglie. Gli effetti sarebbero particolarmente deleteri per tutte le persone con disabilità tra cui anche persone con malattie rare, per le quali l’aspetto socio-assistenziale è inscindibile da quello sanitario, minando seriamente il diritto alla Salute sancito dalla Costituzione.
Di seguito il testo dell’emendamento approvato in 10ª Commissione permanente (Affari Sociali, Sanità, Lavoro pubblico e privato, previdenza sociale) al Senato:
- All’articolo 30, comma 1, della legge 27 dicembre 1983, n. 730, le parole: “Sono a carico del fondo sanitario nazionale gli oneri delle attività di rilievo sanitario connesse con quelle socio-assistenziali” sono sostituite dalle seguenti: “Sono a carico del fondo sanitario nazionale esclusivamente gli oneri delle attività di rilievo sanitario anche se connesse con quelle socio-assistenziali”. Conseguentemente, nell’ambito della quota a carico del servizio sanitario nazionale per l’erogazione delle prestazioni di assistenza sociosanitaria residenziale e semiresidenziale, di cui all’articolo 30 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, recante definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, salva la ripartizione ivi contemplata elevabile al 70 per cento nei casi di alta complessità assistenziale, sono a carico del fondo sanitario nazionale esclusivamente gli oneri delle prestazioni di rilievo sanitario, secondo quanto rilevato nell’ambito della valutazione multidimensionale per la presa in carico dell’assistito, anche se connesse con quelle socio-assistenziali in termini di specifica efficacia terapeutica.
- Le disposizioni di cui al primo comma si applicano anche agli eventuali procedimenti giurisdizionali in essere alla data di entrata in vigore della presente legge.».
L’emendamento 13.0.400 tradisce una mancanza di visione complessiva di ciò che si vuole intendere con il concetto di salute.
Sebbene, infatti, sia previsto un innalzamento al 70% della quota ascrivibile al finanziamento del SSN nei casi di alta complessità assistenziale, il provvedimento non affronta il problema alla radice – a più riprese sollevato dalla Federazione – che riguarda la totale carenza delle strutture assistenziali nel territorio italiano. A questa mancanza, si associa anche quella di personale qualificato, che possa occuparsi professionalmente delle persone non autosufficienti. Molte famiglie si trovano spaesate di fronte a queste carenze, trovandosi costrette ad affidare i propri cari a persone non qualificate con conseguenze negative per quanto riguarda non solo la qualità dell’assistenza, ma anche l’aderenza alle terapie, l’adeguatezza dei percorsi riabilitativi e il benessere mentale.
Innalzare il tetto di copertura delle spese al 70% da parte del SSN appare inutile senza una programmazione di ampio respiro che affronti seriamente il grande tema della non autosufficienza attraverso un approccio olistico, che risulta fondamentale – in particolar modo – per le persone con malattia rara.
Non solo: l’emendamento approvato risulta anche estremamente dannoso, in quanto rischia di gravare ulteriormente dal punto di vista economico su famiglie che, in molti casi, si trovano già in una situazione di svantaggio causata da un difficile accesso al lavoro, da un’elevata spesa out of pocket e dalla necessità di dedicare gran parte del proprio tempo al ruolo di caregiver. Dunque, la misura si inserirebbe in un quadro già decisamente frammentato, all’interno del quale è complicato orientarsi sia per quanto riguarda l’accesso ai servizi e gli enti ai quali rivolgersi, sia per le diverse spese da sostenere. Non è chiaro, inoltre, quale sarebbe l’impatto finanziario che questa misura avrebbe sui conti degli enti locali che, come è noto, non vivono un periodo di particolare prosperità economica, per usare un eufemismo.
Infine, l’emendamento è obsoleto, e risponde a una visione della salute ormai abbondantemente superata, che intende la sanità divisa per settori, servizi e prestazioni. L’idea di Salute come un insieme complesso di fattori che concorrono al benessere fisico e mentale dell’individuo e della comunità – per la quale Uniamo si batte da anni – viene annullata da questo provvedimento “spot” inserito all’interno del ddl 1241. Come si può tracciare un confine tra ciò che è meramente sanitario e ciò che riguarda invece l’assistenza quando parliamo della salute di persone non autosufficienti? Come rispondiamo alle esigenze e ai bisogni delle persone con malattia rara, per le quali spesso una risposta medica non esiste o non è sufficiente?
L’integrazione socio-sanitaria è ciò a cui dobbiamo tendere se vogliamo realmente tutelare la salute della nostra comunità. Un’ulteriore frammentazione rappresenterebbe, invece, il colpo di grazia per tante famiglie che si prendono cura ogni giorno dei propri cari (in parte già sopperendo alle mancanze del SSN).
Uniamo Federazione Italiana Malattie Rare, dunque, chiede che l’emendamento in questione venga rivisto o eliminato, e che, invece, vengano finalmente applicate tutte le azioni previste dalla Legge 33/2023 (“Deleghe al Governo in materia di politiche in favore delle persone anziane”).