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Giornata Mondiale per i Malati Senza Diagnosi

In occasione della Giornata Mondiale dei Malati Senza Diagnosi vogliamo raccontare la storia di Federico. 

 

Federico racconta della figlia, perché è il suo modo di far capire perché ha fortemente voluto una Fondazione dedicata a queste persone e a 

questo tema, la mancata diagnosi e un percorso diagnostico difficile, duro, a volte insostenibile. 

Come dice lui stesso, ormai non sa più se la racconta per gli altri o se, in fondo, la racconta a se stesso per ripercorrere ogni volta sensazioni, emozioni, paure e sconcerto, sensazione di apnea. In tutto il suo racconto, non ha mai nominato la parola “rabbia”, che sarebbe stata normale e che invece nel suo racconto manca, a dimostrazione sia della sua indole sia della pace fatta con tutta la sua storia. 

Nel suo racconto, Federico passa spesso dall’io alla terza persona. L’io testimonia il suo grande amore per la figlia; la terza persona sottolinea i passaggi più difficili, quelli legati alla difficoltà di accettazione di una situazione che è stata per lungo tempo qualcosa di non integrato nella sua persona. 

Clementina è il mio amore. Un amore che è stato disorientato, spaesato.

Papà Federico non riusciva a godersi la figura della figlia,
immaginava quando sarebbe diventata altra,
si chiedeva perché non era come la sorella.
Amore sospeso, arrestato da diagnosi erronee, alcune funeste. 

Federico si ferma un attimo, lascia il racconto personale per fare una raccomandazione ai genitori.

Dobbiamo essere consapevoli e coscienti di come vengono seguiti e curati i nostri figli.
Serve più umanità, più “immedesimamento”.
Una gastroscopia senza sedazione è un maltrattamento: dobbiamo metterci nei panni dei nostri figli.
I nostri figli vedono le nostre perplessità, capiscono la nostra preoccupazione, vedono tante persone che girano intorno, si chiedono cosa sta succedendo.
Bisogna fare un salto di qualità, accettare la malattia, la malattia dei propri figli. 

Avrei dovuto fare anche io come mia moglie, che è andata per azioni e si è goduta la figlia, facendo cose concrete nel quotidiano, giorno dopo giorno, fino a che ha trasmesso anche a me questa modalità di sentire e vivere Clementina. 

I nostri figli hanno un’aspettativa di amore: la malattia è tsunami, devastazione. Parlarne non è facile, ho chiesto ad altri di farlo, ma ben due mi hanno detto di no: una perché è stata sovra-studiata, non vuole accanimento sulla sua persona; l’altra è sconvolta perché dopo anni non ha ancora una diagnosi. 

L’uomo più importante della mia vita è stato mio padre; negli ultimi anni della sua vita non parlavamo più, mi chiedeva solo “cosa ha Clementina”. Una malattia non diagnosticata porta sfiducia nella famiglia. Nella nostra eravamo l’uno contro l’altro, nessuno era convinto che gli altri facessero bene, le sorelle trascurate. 

A Clementina sono state fatto 1000 diagnosi. Lei ha avuto un arresto di peso e statura dopo pochi mesi, nessuno sapeva dare una spiegazione. Il primo problema che le è stato riscontrato è stato quello del padre, che era medico. (Federico non si sofferma, ma è chiaro che il sottinteso è che nessuno dava peso ai sintomi, pensando che fosse un padre particolarmente apprensivo – cosa che succede spessissimo nei racconti di diagnosi di persone con malattia rara). 

Clementina nasce nel 1995, nel 1997 andiamo a Londra, dove viene diagnosticata  la citopatia mitocondriale: i bambini con questa patologia non superano i 4 anni. Il genetista del centro disse che il 60% usciva dal suo studio senza diagnosi. 

Successivamente c’è stato un consulto al Gemelli, un professore americano, con grandi mani, che al momento in cui ha fatto la diagnosi ha ricevuto applausi, lodi sperticate, ecc.: diagnosi di Sindrome di Silver Russell. Siamo tornati a casa con mia moglie, abbiamo visto su internet, Clementina non aveva neanche un segno di quella patologia. Siamo andati dal Prof. Dallapiccola che ha smentito categoricamente potesse essere quella. 

Nel corso del tempo sono arrivate altre diagnosi, tutti brancolavano nel buio, e la dimostrazione è che si parla di diagnosi anche molto diverse l’una dall’altra: tourette, paralisi cerebrale….

Alla fine, cercando e spulciando su internet, ho trovato la descrizione di una sindrome iperatttiva associata a ritardo mentale e movimenti stereotipati. 

E qui inizia la fase romanzata della ricerca della diagnosi: altri centri, altri specialisti, tutti dichiarano che non ci sono farmaci orfani, non ci sono riabilitazioni possibili, Clementina non parlerà e non leggerà. (qui Federico fa vedere un breve filmato di Clementina che legge ad alta voce un libro sulla spiaggia). 

Clementina parla, legge, scrive, balla. 

Ringraziando Iddio ho potuto finalmente accettare e godere di questa creatura meravigliosa. 

Clementina, grazie alle successive analisi che sono state fatte al Bambin Gesù, ha un gene specifico coinvolto nella sua patologia (EIF24K3):  gene che non ha minimamente intaccato l’appetito (viene fatta vedere Clementina mentre mangia un enorme panino). 

Ci sono tante sigle che descrivono i nostri figli; dovremmo sapere quanti ce ne sono con questa stessa, se ce ne sono altre nel mondo, dovremmo metterci tutti insieme. Speriamo fra qualche anno di poterlo sapere, di poterci confrontare, di poter avere più informazioni.

Tutte le sigle si potrebbero unire, facendo qualcosa che in Inghilterra hanno già fatto, scegliendo la bellissima immagine di un cigno (SWAN UK, Sindrome without a name).

Il sogno di Federico è quello che tutti i suoi sforzi possano servire a tutte le altre persone senza diagnosi, a tutte le loro famiglie, creando un sistema nel quale ciascuno possa essere tutelato e preso per mano nelle varie fasi successive: sintomi, sospetti diagnostici, diagnosi, presa in carico, supporto. 

Federico Maspes, oltre che il papà di Clementina, Caterina e Matilde, è il Fondatore e Presidente di Fondazione Hopen, che si occupa di dare risposte alle persone senza diagnosi, come meglio è descritto nelle prossime righe. 

CHI SIAMO
Siamo un gruppo di medici, liberi professionisti, docenti universitari, imprenditori e amici accomunati da esperienze di vita che ci hanno fatto conoscere da vicino il problema delle malattie genetiche rare senza nome. Insieme abbiamo creduto nel progetto della Fondazione Hopen Onlus: diventare il punto di riferimento per tutte le famiglie e le persone che vivono ogni giorno l’incubo dell’isolamento, dell’abbandono, del non sapere che cosa c’è che non va.
IL NOSTRO IMPEGNO
Sostenere i bambini e i giovani adulti affetti da malattie genetiche rare senza nome. Offrire supporto, consulenza e informazioni sul percorso che le famiglie devono affrontare quando non c’è una diagnosi. Partecipare al loro vissuto emotivo, comprendere i loro problemi creando un senso di appartenenza e solidarietà unendo le persone colpite dallo stesso problema.

Qui maggiori informazioni sulla Fondazione HOPEN
Qui le International Joint Recommendations to Address Specific Needs of Undiagnosed Rare Disease Patients prodotte da Eurordis e altri nel 2016
Qui l’ambulatorio non diagnosticati dell’Ospedale Bambino Gesù
Qui il programma Telethon per i malati senza diagnosi
Qui il link al network internazionale UDNI – Undiagnosed Diseases Network International

Per maggiori informazioni segreteria@uniamo.org