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Giornata delle Malattie Rare 2024

In Italia le persone con malattia rara sono oltre 2 milioni: 1 su 5 è un bambino.
UNIAMO da 25 anni opera per migliorare la loro qualità di vita.
#UNIAMOleforze per non lasciare indietro nessuno.

#UNIAMOleforze

OUT OF HOME

Anche quest'anno abbiamo deciso di colorare le città del nostro Paese con i colori della Giornata delle Malattie Rare. Trova i bus elettrici a Roma, il tram, il treno della metro 5 Lilla e la fermata dell'autobus a Milano o le pensiline a Bologna, fatti una foto e postala sui social con gli hashtag #Uniamoleforze e #RAREDISEASEDAY! E non è finita qua, se passi per l'aeroporto di Venezia a fine febbraio troverai molte sorprese.

UNIAMO la voce

La comunità delle persone con malattia rara sbarca a Sanremo! Grazie alla collaborazione con il FantaSanremo, febbraio 2024 sarà il mese della musica e delle malattie rare. Dal 27 dicembre al 5 febbraio sono aperte le iscrizioni al gioco social sul Festival della canzone italiana. Vai su fantasanremo.com, componi la tua squadra e unisciti alla nostra Lega. Nella quarta serata del Festival, inoltre, è previsto il Bonus UNIAMO: gli artisti che sul palco dell'Ariston mimeranno il simbolo della comunità rara globale, le mani intrecciate, riceveranno 20 punti.

CAMPAGNA SOCIAL

Scarica il materiale grafico e condividilo sui social, illumina la tua casa e dipingiti la faccia e le mani con i colori della Giornata della Malattie Rare... #UNIAMOleforze e facciamo tantissimo rumore intorno alle malattie rare!

POSTAAAA

Grazie alla collaborazione con Poste Italiane, nei giorni precedenti alla Giornata delle Malattie Rare 20.000 famiglie baresi riceveranno una cartolina targata UNIAMO nella loro cassetta postale. Un'iniziativa di sensibilizzazione per fare luce sulla comunità rara e prepararci al prossimo "G7 della Salute", che si terrà proprio in Puglia e avrà al centro del dibattito le malattie rare.

KIT PER LA SCUOLA

Sei un insegnate? Sei un genitore di un bambino o una bambina con malattia rara? Conosci una famiglia che ha problemi di inclusività scolastica? Scarica il materiale e aiutaci a sensibilizzare, perché la piena inclusione comincia dai banchi di scuola.

TUTTI A BORDO

A febbraio i passeggeri delle Frecce Trenitalia troveranno sul magazine delle Ferrovie dello Stato una pagina interamente dedicata alla Giornata delle Malattie Rare e alla comunità rara.

Vite Rare 

Federica
Vite Rare

Mi chiamo Federica, ho 31 anni. Dopo 13 anni di ricerche, visite mediche e due interventi, lo scorso anno ho conosciuto la mia compagna, CISTITE INTERSTIZIALE. Si tratta di una malattia rara che interessa il muscolo e la mucosa della vescica. L’infiammazione altera la componente neurologica vescicale causando una neuropatia pelvica caratterizzata da dolore pelvico cronico, dolori rettali e vulvodinia. Nel mio caso il dolore si estende spesso agli arti superiori e inferiori . Le terapie sono tante e impegnative come il cateterismo. Ma allora perché chiamo questa patologia la mia compagna? Perché mi ha insegnato che il nostro corpo è in grado di fare cose straordinarie; sto imparando ad ascoltarlo, a capire le sue esigenze ed a prendermene cura. Con la mia compagna adesso vivo ad un ritmo diverso, un ritmo fatto di compromessi tra me e lei; compromessi che mi permettono di divertirmi con le persone che amo, di viaggiare, di prendermi cura dei mie pazienti, di coccolare i miei animali e le mie piante…di vivere a modo mio. In fondo l’essenziale in questa vita è proprio VIVERE, buona avventura a tutti!

Vanessa
Vite Rare

Sono Vanessa Ciriaco, 21enne studentessa di Comunicazione e vi spiego cosa significa avere il morbo di Werlhof, detto più comunemente PTI. Convivo con questa patologia da quando avevo 11 anni, è una rara forma di malattia autoimmune, causata da uno scontro tra fegato e milza che distruggono le mie piastrine. Esteriormente si manifesta per la comparsa di emorragie spontanee, lividi e puntini sulla pelle, detti petecchie, a causa del basso numero di piastrine e una stanchezza continua e costante, detta fatigue. Sono seguita all’ospedale San Gerardo di Monza e l’ematologo che mi ha accompagnata in questi 10 anni è il mio angelo, perché mi ha permesso di vivere serenamente grazie alle sue rassicurazioni. La cosa importante? Non abbattersi davanti ai sintomi della malattia, perché anche se abbiamo un corpo che non sempre ci segue, la nostra mente viaggia comunque a 100 all’ora e possiamo vivere ogni nostro sogno. La malattia è solo un altro lato della vita e io ho imparato a vederla come una mia compagna di viaggio; c’è sempre una luce!

Giulia
Vite Rare

Nel corso della mia vita ho avuto eventi che nessuno riusciva a interpretare. A 16 anni il primo: per 10 minuti non sono riuscito a parlare, la sensazione della gola che si dilatava e le parole che non riuscivo a controllare. Dopo i 40 anni sono iniziati i disturbi visivi, come se avessi acqua negli occhi. Da sempre ho avvertito una sensazione di stanchezza, ho avuto caviglie gonfie, stati febbrili periodici che duravano più di un mese e altri sintomi. Ogni volta mi dicevano che erano episodi dovuti allo stress, all’ansia o all’influenza. A 49 anni è arrivato l’ictus che mi ha radicalmente cambiato la vita e che mi ha portata, grazie alla medicina narrativa, alla diagnosi così tardiva della mia patologia, la Malattia di Fabry. Una malattia rara che non può essere curata definitivamente ma che poteva essere trattata con efficacia; per questo avere una diagnosi tempestiva è fondamentale, per il paziente e i suoi cari. 

Tatevik
Vite Rare

Mi sono trasferita in Italia nel 2017, quando ho vinto una borsa all’Università di Padova per portare avanti i miei studi in ingegneria meccanica. Qui, dopo essermi ambientata, ho deciso di iscrivermi ad un corso di danza, vicino a casa. Durante una lezione di ballo, una signora mi è caduta addosso e per via del colpo ricevuto, i miei compagni hanno deciso di portarmi al pronto soccorso. Il caso ha voluto che facendo gli esami per la contusione subita, i medici hanno visto che le mie analisi non quadravano e che andavano indagate ulteriormente. Grazie all’iniziativa, volontà ed umanità del medico del pronto soccorso che ha voluto analizzare più approfonditamente i miei sintomi così indecifrabili, sono stata introdotta ad una specialista in neurologia dell’Ospedale Sant’Antonio di Padova, e in una settimana è giunta la mia diagnosi: malattia lisosomiale di Anderson-Fabry. Questo è un fatto molto importante, se si pensa che nella maggior parte dei casi ti rimandano indietro sottostimando il problema. Dunque mi ritengo estremamente fortunata ad aver incontrato in pronto soccorso il medico che – avendo un sospetto e volendo farmi fare accertamenti aggiuntivi- mi ha salvata.

Il mio arrivo in Italia è stato provvidenziale poiché nel mio Paese, l’Armenia, questa patologia non è conosciuta. E nemmeno in Russia – Paese in cui ho vissuto per sei anni – hanno saputo riconoscere la mia malattia, una patologia così difficile da individuare che solitamente passano molti anni prima di avere una diagnosi. Questo perché la malattia provoca danni non visibili “a occhio nudo” che peggiorano gradualmente nel tempo, per questo motivo sono davvero grata ai dottori dell’Ospedale di Padova che hanno saputo individuare tempestivamente la mia malattia: mi hanno cambiato la vita. Essere una paziente Fabry mi ha fatto prendere l’importante decisione di rimanere in Italia. Qui ho vinto la borsa di dottorato in ingegneria e ho imparato la lingua, facendo carriera. Sto infatti lavorando come project manager per un’azienda veneta. Sono grata che in Italia questa patologia sia conosciuta e vi sia molta informazione, è un aspetto veramente importante e positivo che una malattia così rara sia conosciuta da numerosi specialisti. Per esempio, quando sono andata a fare il vaccino per il Covid-19, gli assistenti e specializzandi hanno subito capito di che cosa stessi parlando quando gli ho detto di essere una paziente Fabry. Ora sono seguita in pianta stabile dall’Ospedale di Padova, e annualmente mi sottopongo a tutti i controlli necessari. Ho scoperto l’esistenza diAIAF – Associazione Italiana Anderson-Fabry nel 2020, in pieno periodo di pandemia. Questa scoperta per me è stata estremamente positiva, direi cruciale, perché mi ha permesso di incontrare e conoscere altri pazienti. Dalla mia iscrizione all’associazione ho imparato tanto, grazie ai numerosi webinar ed incontri online che vengono costantemente organizzati. Dai dibattiti con i medici del Comitato Scientifico e gli altri pazienti ho imparato tanti nuovi aspetti e sfaccettature della mia malattia che prima non conoscevo.

Rachele
Vite Rare

Ciao a tutti! Mi chiamo Rachele, ho 23 anni, sono una studentessa universitaria e vivo in Italia. In occasione della Giornata Mondiale delle Malattie Rare, vi racconto la mia storia.
Convivo con 7 malattie rare, di cui due genetiche. I primi sintomi si sono fatti vedere nell’infanzia e sarebbero dovuti essere dei campanelli di allarme. Purtroppo non sono stati riconosciuti fino un paio di anni fa, quando durante gli ultimi anni delle scuole superiori, la salute ha preso una brutta piega, continuando a peggiorare inesorabilmente. Mi vengono quindi diagnosticate diverse patologie croniche, tra cui (ma non solo) la Disautonomia e la prima malattia rara, la Sindrome di Arnold Chiari tipo 1, che tutte insieme hanno poi portato alla diagnosi della seconda malattia genetica rara: la Sindrome di Ehlers Danlos. Subito dopo, in seguito a complicazioni a livello gastrointestinale, mi vengono diagnosticate altre due malattie rare: la Gastroparesi e l’Insufficienza Intestinale Cronica Benigna (IICB). Quest’ultima è la più rara tra le insufficienze d’organo, talmente rara da non essere nemmeno riconosciuta come tale in Italia. 

Poco dopo, scopro di avere un’altra malattia rara chiamata nevralgia del trigemino e l’estate successiva soffro una perdita spontanea di liquor causata da una breccia spontanea, a sua volta causata dalla fragilità tissutale dovuta alla Ehlers Danlos, che porta poi alla diagnosi di Ipotensione Liquorale Spontanea, malattia rara neurologica anch’essa non riconosciuta dallo Stato.  Di recente invece, dopo anni in cui mi veniva detto che avere la febbre alta associata ad altri sintomi ogni mese era normale perché ero io ad essere “fatta così”, finalmente arriva la diagnosi di malattia rara autoinfiammatoria, una Sindrome genetica con febbre periodica.
A complicare ulteriormente la situazione, ci sono numerose altre malattie croniche.
Parlarne è fondamentale: più conoscenza, meno pregiudizi e meno stereotipi.
Le mie diagnosi sono state ritardate notevolmente, sia dalla mancanza di conoscenza delle malattie rare da parte dei medici sia a causa dei loro stereotipi e pregiudizi. Per anni sono stata “solo ipocondriaca”, “ansiosa e depressa”, una “malata immaginaria”. Per anni sono stata sminuita e umiliata da chi avrebbe dovuto aiutarmi, ma invece mi diceva che “i malati veri erano altri”, che “dovevo vergognarmi di fingere” e che “se avessi veramente avuto tutti quei sintomi, sarei già stata morta e siccome ero viva allora mi inventavo di stare male”, fino ad arrivare ad accusare la mia famiglia, dicendo che erano loro la mia rovina solo perché mi hanno sempre supportata e sono rimasti sempre al mio fianco.
Ogni giorno è una sfida. La mia vita è cambiata molto. Molte cose non le posso più fare, per la maggior parte ho bisogno di essere sempre accompagnata e mi sposto con l’ausilio di un deambulatore. Da un anno a questa parte però ho iniziato a raccontare la mia storia e a fare volontariato per diverse associazioni che si occupano di malattie croniche invisibili e malattie rare. Parlarne non solo aiuta a far pace con la malattia e con se stessi, ma può aiutare tantissime persone che magari non sono ancora riuscite ad arrivare ad una diagnosi. Aiuta a sentirsi meno soli, a fare rete e rendere visibile l’invisibile, a mettere in luce le malattie rare e i problemi connessi. Insieme ci si dà forza l’un l’altro, ci si confronta e ci si consiglia.
Da soli siamo pochi ma insieme siamo tantissimi e la nostra voce arriva forte e chiara

Simona
Vite Rare

Mi chiamo Simona, ho 34 anni e dalla nascita convivo con la malattia delle esostosi multiple che condivido con mia mamma e uno degli zii materni. Dall’età di 16 anni circa subisco quasi annualmente degli interventi chirurgici per “sistemare” le conseguenze date dalla malattia. Per me non è facile convivere con la malattia, la mia scomoda e prepotente compagnia di vita, ma cerco di affrontare tutto con il sorriso sulle labbra perché sono convinta che questo sia il modo migliore per combattere la mia battaglia quotidiana.

UNIAMO LE FORZE

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